Antropologiche Scritture
Da sempre attratto dalle sirene dell’arte, ho coltivato con la complicità di mia madre l’interesse e l’esercizio alla pittura come maestra di vita. Sono nato e cresciuto a Mussomeli, un piccolo paese a conduzione agricola e pastorale arroccato su una montagna dell’entroterra nisseno, escluso dai fenomeni dell’arte isolana e nazionale. Nella seconda metà degli anni ’70 giornalmente pendolavo tra Mussomeli e l’Istituto Statale d’Arte “F. Juvara” di San Cataldo (CL) dove, con altri giovani pittori e scultori, condividevo l’idea di un’arte impegnata ideologicamente. Il gruppo di allora era composto da me, Salvatore Farruggia, Giovanni Tabone, artisticamente accomunati dagli stessi ideali e dalla stessa passione per l’arte. Allora teorizzavamo una pittura simbolico-sociale con forti accenti fantastici. Il Gruppo è stato attivo per diversi anni nei comuni della provincia nissena. Nel 1986 per motivi geografici e culturali, si chiude il sodalizio con la mostra “Messaggi Visivi” tenuta presso la biblioteca comunale di San Cataldo, con testi in catalogo degli stessi autori.
Alla fine degli anni ’70 impegnato negli studi all’Accademia di Belle Arti di Palermo frequentavo la cattedra di Scultura condotta dalla scultrice romana
Elena Molè e poi affidata allo scultore Totò Rizzuti. In quel periodo ho vissuto intensamente il rapporto artistico con le attività prodotte dalla città e dall’Accademia palermitana diretta dall’incisore Pippo Gambino che, solerte animatore dell’attività artistica, aveva invitato il critico Francesco Carbone a collaborare con l’istituzione e a tenere mostre e seminari sull’arte contemporanea. Nel 1980 il continuo rapporto con l’Accademia di Belle Arti, unito alla frequentazione delle Gallerie d’Arte e degli studi di alcuni artisti palermitani, mi permette di conoscere le istanze più propositive dell’ambiente militante dell’Arte Visiva.
Il 1986 è l’anno in cui riprendo la frequentazione dell’ambiente artistico nisseno e precisamente attraverso il rapporto con l’artista e critico d’arte Franco Spena che, assieme a Salvatore Salamone e Michele Lambo, promuove diverse attività culturali con il Centro “Marcel Duchamp – Magazzino di Immagini e Parole di Corso Umberto a Caltanissetta.
Il 1986 è l’anno in cui oriente i miei progetti e studi in direzione antropologica. Nel 1990 per motivi di lavoro apro uno studio-abitazione a Palermo dove insegno Figura Modellata al Liceo Artistico, riprendo i contatti con il critico militante Francesco Carbone e collaboro alla formazione del gruppo di Arte Antropologica Contemporanea. Sono significative di questo periodo le mostre bipersonali tenute nel 1993 all’Accademia di Belle Arti “Picasso” a Palermo, al Duomo nella Cappella Rosariello di Partinico (PA),
con l’operatore Giusto Sucato e la mostra di gruppo “Antropotecnia” ad Alia (PA) criticamente curate da Francesco Carbone. E’ in questo periodo che, con la vicinanza degli amici Francesco Carbone e Ignazio Apolloni, approfondisco la ricerca in ambito estetico, culturale e antropologico. L’esperienza del gruppo antropologico mi ha suggerito una serie di riflessioni teoriche, sull’etnoestetica e la scrittura visuale.
Nel 1994 facendo la spola nei fine settimana tra Palermo e San Cataldo, con l’amico artista Peppe Sabatino fondiamo la Galleria Qal’At di Caltanissetta che nell’arco di qualche anno diventerà il centro dell’arte più attivo nell’entroterra siciliano. Spazio espositivo che darà grande visibilità a diversi artisti locali ed extraterritoriali che sono testimoniati criticamente con contributi scritturali da Carbone, Spena, Bonfiglio, Valenza, Gerbino, Gulizia, Braibanti, Parlavecchio, Conte, Miccini, Caruso. Nel campo della scrittura visiva, con un taglio prettamente laterale, nel 1997 partecipo su invito del prof. Marco Fraccaro, docente dell’Università di Pavia alla
mostra “Scritture celibi” a cura di Franco Spena, presso il Collegio Cairoli, con l’installazione “Vagliare la Stampa”, recensita sul quotidiano “La Provincia Pavese”.
Sempre in questo periodo, come operatore culturale, curo a Caltanissetta la rassegna internazionale dal titolo “Libro Contiguo”, che ha visto la presenza dei nomi più noti della Poesia Visiva. Nel corso della seconda metà degli anni novanta, mi coglie l’interesse per la performance e per certe operazioni storiche delle neoavanguardie condotte dagli artisti di Fluxus. In questo periodo eseguo alcune performances alla Galleria Qal’At di Caltanissetta, volutamente ironiche, con una tematica rivolta agli artisti e al sistema dell’arte contemporanea. Voglio ricordare “lo sono il migliore”, “Dedicato agli artisti” e “Opera invisibile” , del 1997 eseguita alla Salerniana di Erice con l’opera di Gino De Dominicis.
Nell’ambito dell’Estate in Città del ’98, a Caltanissetta ho ideato e realizzato l’happening/installazione “Lo sguardo della scrittura”, durante il quale ho coinvolto i fruitori ad intervenire con scritture, segni ed altro su piccole lavagne scolastiche installate a parete nell’ex macello cittadino. L’evento viene appoggiato teoricamente dall’amico critico e artista Vitaldo Conte. Nel 1999 su invito dell’operatore culturale Massimo Palumbo, realizzo nella Libreria Incontro di Latina l’installazione sinestetica “opera aperta”, nella quale il saggio di rottura di Umberto Eco, scelto a pretesto,
dialogava con dei libri in cera d’api e con delle tavolette cerate da me installate sui banconi della libreria e disponibili all’intervento segnico-scritturale del pubblico. L’ambito di ricerca da me portato avanti oramai da diversi anni entra nei vari campi della ricerca scritturale, dei libri d’artista e della scultura ambientale, privilegiando l’aspetto materico-oggettuale e un certo recupero mentale dell’oggetto ritrovato, non disdegnando le nuove tecnologie applicate all’arte, come le elaborazioni digitali computerizzate tradotte al plotter su carta o tela. Come animatore culturale da anni dirigo il centro d’arte contemporanea “Qal’At” che con un’attività continua, volta all’informazione e allo scambio culturale, ha creato relazioni con alcuni centri del nord annullando di fatto l’isolamento periferico, dato dalla distanza geografica, proiettando alcuni artisti della galleria verso nuove aree, raccordando di fatto spazi, luoghi e persone.
Calogero Barba